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palmira

Tadmor, ovvero "palma", è il nome aramaico della "Sposa del Deserto", il suo calco greco è Palmira (Παλμύρα). La città si trova in una oasi a 240 km a nord-est di Damasco e 200 km a sud-ovest della città di Deir ez-Zor, sul fiume Eufrate. Per lungo tempo è stata un vitale centro carovaniero nel deserto siriaco, un collegamento essenziale tra Occidente e Oriente.

Nonostante la monumentalità e l’importanza del centro cittadino, i tre quarti della popolazione vivevano nelle terre circostanti, fornendo mercanzie e prodotti per il sostentamento. L’agglomerato urbano, pur avendo un ruolo predominante, non racchiudeva un numero elevato di abitanti. In questo contesto ci troviamo di fronte a un netto contrasto tra il modo di vita della città e quello della "campagna": nella prima dominavano il plurilinguismo e l’urbanità, nella seconda il greco non era parlato, la sola lingua usata era l’aramaico e i contadini rimanevano estranei al fervore del centro.

Palmira era il luogo del potere e allo stesso tempo una vetrina di civiltà contrapposta alla campagna. Il fulcro della sua prosperità era il commercio carovaniero, da cui traeva guadagno soltanto una cerchia ristretta di uomini, contrapposta alla maggior parte della popolazione: la città era infatti un’impresa commerciale, organizzata e necessaria a chiunque volesse tentare la via del deserto, una città carovaniera che si trasformò in "repubblica mercantile". 

Roma

La Palmira meglio conosciuta è quella nell’orbita di Roma. I romani occuparono quel vuoto politico che era il deserto, individuando in Palmira una roccaforte fondamentale, una frontiera.

Bisogna certo notare che questa città non si è mai romanizzata in maniera totale, mantenendo il suo multiculturalismo: poteva infatti rivendicare una triplice tradizione, aramaica, fenicia e greca, a cui andava sommandosi l’orgoglio di appartenere all’Impero Romano. Con il tempo Palmira si avvicina sempre di più a Roma, divenendo una vera e propria città dell’Impero. 

Zenobia

Per capire che ruolo avessero i simboli di Roma a Palmira, è necessario menzionare la vicenda di Zenobia che tentò di impadronirsi del trono romano, dopo la morte del marito Odenato, vassallo integrato nella classe dirigente, assassinato poiché ritenuto una minaccia. La tradizione ha identificato in Zenobia l’aspirazione indipendentista dell’Oriente. In realtà questa regina non ha mai tentato la secessione, fallito il tentativo di ritagliarsi un posto nell’impero, le sue mire si sono rivolte all’intero dominio imperiale, non di una sua parte.

Zenobia adotta allora i costumi e i titoli degli imperatori di Roma.

La sua parentesi venne frenata da Aureliano nel 272, ma la figura di Zenobia è rimasta leggendaria: aveva allo stesso momento la personalità di una regina d’Oriente e di una vera romana.

Il Tempio di Bel prima della distruzione nel 2015

Il sito archeologico

Ai nostri giorni, il sito archeologico di Palmira, patrimonio UNESCO riconosciuto dal 1980, non è stato risparmiato dalla guerra civile in Siria. La distruzione dei monumenti simbolo di questo centro è iniziata nel 2013.

Il 21 maggio 2015 l’ISIS ha dichiarato catturata la città e il suo sito archeologico. Il 18 agosto venne ucciso l’archeologo siriano Khaled al-Asaad, ex direttore del sito, che si era strenuamente impegnato per difendere il patrimonio archeologico dalla distruzione.

La liberazione dell’area archeologica avvenne soltanto l’anno successivo, il 24 marzo 2016. Qualche mese dopo, nell’autunno, a Roma sono stati esposti alcuni dei reperti monumentali distrutti a Palmira e ricostruiti in scala 1:1 in Italia, con la mostra "Rinascere dalle distruzioni": il Toro antropomorfo di Nimrud, il soffitto del tempio di Bel e una delle sale dell’archivio di Stato del Palazzo di Ebla.

Le spoglie di Khaled al-Asaad, insieme ai resti di altri due corpi, sono state ritrovate soltanto lo scorso febbraio, dopo quasi sei anni, nella località di Kahlul, a est di Palmira.

Nel giorno dell’anniversario della morte di Khaled al-Asaad abbiamo voluto ricordarlo attraverso un po’ di storia della città a cui lo studioso aveva dedicato quarant’anni della sua ricerca.

Articolo di Frida Susy Maria Morganti

Khaled al-Assad
Khaled al-Assad (1932-2015)