Enclave spagnola che affaccia sul mare di Alboràn, in una punta della costa orientale del Marocco, Melilla ha una storia che parte da lontano. Colonia fenicia con il nome di Rusaddir e, dopo le guerre puniche, territorio di conquista per Romani e Cartaginesi, con la caduta dell’Impero Romano venne occupata dai Vandali, per poi passare sotto l’influenza dei Visigoti. Con l’arrivo dei conquistatori arabi nella Penisola Iberica, “Mlila” divenne poi punto di partenza per le truppe berbere da inviare a Al-Ándalus. Passando in seguito da un califfato a un altro fino all’occupazione delle truppe spagnole (1497), venne infine annessa alla corona spagnola alla metà del Cinquecento, diventandone un’importante base militare per la penetrazione spagnola in Marocco per tutto l’Ottocento e ottenendo, nel 1956, con l’indipendenza del Marocco, lo statuto di territorio di sovranità spagnola (Plaza de soberanía en el Norte de África). Il suo attuale status di città autonoma venne conquistato soltanto nel 1995: questa conquista si è però rapidamente trasformata nella condanna di Melilla a barriera contro cui si infrangono i sogni dei migranti che dall’Africa tentano di raggiungere l’Europa.
La rete metallica che divide l’Africa dall’Europa
Melilla è oggi una città apparentemente libera, ricca di storia, cultura e tradizioni, ma anche l’unica frontiera di terra, insieme a Ceuta, che separa l’Africa dall’Europa. Per i migranti provenienti dall’Africa subsahariana, Ceuta e Melilla hanno rappresentato per tutti gli anni Novanta del XX secolo le porte d’ingresso per la Spagna e l’UE. Per questo le due città sono state separate dal territorio marocchino da una doppia rete metallica costruita tra il 1997 e il 1998, alta inizialmente tre metri, e poi raddoppiata a sei, e lunga circa nove chilometri.
Oggi sono tre le imponenti barriere che dividono questa enclave spagnola dal Marocco. Frontiere di separazione e disperazione che ogni giorno vedono arrivare centinaia di migranti pronti a scavalcarle nella speranza di una nuova vita. Melilla è dunque molto più di una città spagnola in terra marocchina: è un passaggio verso l’Europa, una porta che separa e allontana, un luogo di accesso clandestino dove si spezzano desideri e si perdono speranze.
Molti dei migranti che tentano di scavalcare la valla (“barriera” in spagnolo) sono abitanti della foresta di Gurugu (Marocco) che cercano di attraversare le recinzioni in grandi gruppi. Si tratta di migranti subsahariani che provano a saltare la frontiera della separazione con la forza e il coraggio di chi intravede uno spiraglio di luce al di là di quella muraglia.
È proprio in questa zona che, secondo l’AMDH (Association marocaine des droits humains), il Marocco effettua assalti organizzati utilizzando le forze ausiliarie marocchine, compiendo così una violazione sistematica dei diritti umani.
Come nel resto d’Europa, anche a Melilla le migrazioni non si fermano e negli ultimi anni sono diventate massive. Il primo assalto risale al 6 gennaio 2018, quando più di 300 migranti tentarono di entrare in territorio spagnolo: fu il primo di una lunga serie di attacchi e scontri anche molto violenti. Il 22 luglio 2021 più di 230 migranti sono riusciti a entrare in Spagna saltando la valla: è stato uno tra gli assalti di massa che hanno coinvolto più persone negli ultimi anni.
Delle centinaia di uomini, donne e minori che cercano di oltrepassare il confine, alcuni rimangono feriti o perdono la vita, altri non riescono a passare la frontiera, altri ancora vengono fermati dagli agenti e portati nei centri di identificazione per poi essere respinti dalla Spagna e rinunciare così al loro sogno di libertà.
Articolo di Serena Massaro