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Palestinian Flag, Khaled Hourani

A chi è capitato nelle ultime settimane di veder girare sui social dei post sull’anguria come simbolo della protesta palestinese? A noi è capitato molto spesso e la storia ci ha ovviamente incuriosito. Ci siamo quindi chiesti quanto questa storia sia veritiera.

Gli anni Sessanta

Dopo la Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, Israele proibì l’esposizione della bandiera palestinese e dei suoi colori a Gaza e in Cisgiordania e, in generale, venne vietata qualsiasi assemblea o manifestazione su temi politici o che potesse essere interpretata come espressione politica anti-israeliana, ivi compresa l’esposizione della bandiera palestinese. Tuttavia, non ci sono prove di arresti legati al semplice trasporto di angurie, e anche il New York Times che ne aveva fatto cenno nell’ottobre 1993, all’indomani della firma degli Accordi di Oslo, sancito fra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, non ne ha mai confermato la veridicità.

La Galleria 79

L’origine di questo mito moderno dell’anguria si può invece far risalire a quanto successo nel 1980 durante un’esposizione degli artisti Nabil Anani, Sliman Mansour e Issam Badr nella Galleria 79 di Ramallah, fondata alla fine degli anni Settanta dallo stesso Badr, una figura centrale nella fondazione della Lega degli Artisti Palestinesi nel 1975, e diventata presto un importante centro culturale della resistenza palestinese finché non venne definitivamente chiusa negli anni Ottanta dalle forze di polizia israeliane.

L’esposizione di Anani, Mansour e Badr, oggi riconosciuti come figure-chiave dell’arte palestinese contemporanea, venne chiusa dopo soltanto tre ore dall’inaugurazione a causa del significato politico di alcune opere, dove veniva rappresentata la bandiera palestinese.

Come recentemente raccontato da Mansour, oggi settantenne, due settimane dopo la chiusura della mostra i tre artisti vennero convocati dalle autorità israeliane e venne loro intimato di smettere di realizzare dipinti “politici”, e di dipingere fiori, piuttosto. Badr chiese se fosse consentito dipingere fiori usando rosso, verde, nero e bianco, al che l’ufficiale rispose che i dipinti sarebbero stati confiscati e aggiunse che “anche se dipingessi un melone, lo sequestreremmo”.

Secondo la ricostruzione di Mansour, quindi, la prima menzione dell’anguria come sostituto simbolico della bandiera palestinese appartiene in realtà ad un ufficiale israeliano.

La Seconda Intifada

Ciononostante, negli anni la storia venne più volte raccontata, trasformandosi gradualmente e elevando effettivamente l’anguria a simbolo della resistenza palestinese: nel 2000, infatti, venne usata come simbolo della Seconda Intifada, l’insurrezione palestinese a Gerusalemme che si diffuse poi rapidamente in tutta la Palestina.

L’anguria viene menzionata come simbolo palestinese nella poesia Ode to the watermelon della poetessa statunitense di origine eritrea Aracelis Girmay:

[…]
Ripe conjugationer of water & sun,
your opening calls
even the birds to land.
& in Palestine,
where it is a crime to wave
the flag of Palestine in Palestine,
watermelon halves are raised
against Israeli troops
for the red, black, white, green
of Palestine. […]